da EMI68 » 06/04/2016, 16:06
Il vero problema riguarda, al contrario, la qualificazione delle somme quali risarcitorie di un danno emergente.
Considerati anche i rischi connessi ad un eventuale accertamento tributario che colpirebbe non solo il datore (per la omessa ritenuta di acconto) ma anche il lavoratore, quale obbligato tributario principale sul quale grava in ultima analisi l’obbligo dell’adempimento nonché della presentazione di una dichiarazione fedele, appare consigliabile operare con la massima prudenza, astenendosi dall’effettuare la ritenuta d’acconto soltanto in presenza di solidi elementi probatori quali ad esempio una certificazione medica, la documentazione di spese effettivamente sostenute, l’esistenza di documentazione attestante l’eventuale demansionamento o la diffusione di notizie che abbiano effettivamente leso l’immagine professionale del lavoratore, e così di seguito, in modo da poter dimostrare in sede contenziosa tributaria, attraverso documenti idonei, la corretta qualificazione delle somme a risarcimento di un danno emergente e non come ristoro di un lucro cessante.
In estrema sintesi se il datore di lavoro omette di effettuare la ritenuta, il lavoratore rimane dunque responsabile verso il fisco per il pagamento dell’imposta degli interessi e delle relative sanzioni anzi, gli articoli 23 e 25 primo comma Decreto Presidente della Repubblica 600/73, pongono a favore del sostituto d’imposta l’obbligo di rivalsa nei confronti del sostituito e, pertanto, qualora l’amministrazione finanziaria si limitasse ad agire nei confronti del solo datore di lavoro per ottenere il pagamento dell’imposta omessa, questi potrebbe agire di regresso nei confronti del lavoratore per recuperare la stessa.
In conclusione il datore, nei casi dubbi, al fine di evitare ogni rischio, potrebbe legittimamente decidere di applicare la ritenuta in ogni caso, lasciando poi al lavoratore il compito eventuale di attivarsi nei confronti dell’amministrazione finanziaria presentando – nel termine di 48 mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata – istanza di rimborso dell’imposta, ed eventualmente proponendo ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale avverso il rigetto dell’istanza ovvero il silenzio-rifiuto formatosi decorsi 90 giorni dal ricevimento dell’istanza senza che sia intervenuta la decisione, tutto ciò al al fine di dimostrare la non imponibilità delle somme erogate.
Infine, non possiamo esimerci dal trattare, seppur in modo conciso, della legittimità di eventuali transazioni che prevedano il pagamento di un determinato importo al netto delle ritenute fiscali di legge.
Dobbiamo preliminarmente rilevare che la prevalente giurisprudenza di legittimità ha precisato che qualora la transazione non preveda se le somme da erogare debbano intendersi al netto della ritenuta, il datore di lavoro, quale sostituto di imposta, può operare la ritenuta prelevandola direttamente dall’importo corrisposto al dipendente ovvero, qualora corrisponda al lavoratore la somma indicata nell’accordo transattivo e versando autonomamente quanto dovuto a titolo di acconto irpef, possa poi rivalersi nei confronti del lavoratore medesimo secondo quanto previsto dall’articolo 23, primo comma, (o 25) Decreto Presidente Repubblica n. 600/73, con ciò affermando che salvo pattuizione contraria la transazione deve necessariamente intendersi al lordo delle ritenute e quindi la pattuizione al netto deve essere (giustamente) esplicita.
Si è comunque affermato, in modo poco convincente, a nostro avviso, che la clausola di un accordo transattivo al netto sarebbe affetta da nullità per contrasto con la norma imperativa di legge (Presidente Repubblica 600/73) che obbliga il sostituto di imposta alla rivalsa nei confronti del sostituito, con la conseguenza che il datore di lavoro sarebbe comunque tenuto ad operare la ritenuta sulla somma erogata al lavoratore, nonostante la corresponsione della somma sia stata pattuita al netto in sede conciliativa. Tale tesi è al quanto “originale” considerando che con un semplice calcolo matematico è sempre possibile determinare il lordo sul quale è stata operata la ritenuta per ottenere il netto.
Articolo pubblicato in: Diritto del lavoro e della sicurezza, Diritto tributario