CALCOLO RISPARMI DA RINIEGOZIAZIONE DEI MUTUI

Inviato:
03/02/2020, 14:56
da LUCE1967
Il nostro Ente negli anni ha effettuato diverse rinegoziazioni dei mutui (2014 – 2015 – 2017 – 2019).
Come noto la norma impone che i risparmi derivanti dalla rinegoziazione dei mutui devono essere destinati a finanziare spese d’investimento salvo deroghe concesse da norme statali.
Le Leggi di Bilancio intervenute fino ad oggi hanno consentito l’utilizzo dei suddetti risparmi anche a spese correnti.
L’ufficio Ragioneria vuole quantificare l’esatto ammontare dei risparmi derivanti dalle diverse rinegoziazioni da destinare a investimenti ( sino al 2023 nessun vincolo di destinazione –art.57 DL. 124/2019 ) tenendo conto della data di scadenza originaria.
Il dubbio è se considerare l’intera rata (capitale + interessi) oppure la sola quota capitale. Noi stavamo considerando l’intera quota, ma ho sentito versioni contrastanti.
Sarebbe utile conoscere il sistema di calcolo adottato da coloro che si trovano nella mia stessa situazione.
Grazie.
Re: CALCOLO RISPARMI DA RINIEGOZIAZIONE DEI MUTUI

Inviato:
10/02/2020, 9:45
da RMonti
Noi abbiamo considerato la sola quota capitale.
Ti riporto un articolo (del 2015) che ha trattato l'argomento.
Sui mutui rinegoziazione con vincoli per la quota capitale
di Daniela Ghiandoni e Elena Masini
I Comuni hanno sempre aderito alle proposte di rinegoziazione dei mutui incentivati dalla possibilità di utilizzare i risparmi quali risorse di spesa corrente, e ciò spesso avveniva a seguito di un semplice calcolo matematico: da un lato si assisteva alla diminuzione della rata dei mutui finanziata da entrate correnti, e dall'altro si consentiva l'espansione di altre spese o la copertura di minori entrate sempre di natura corrente. Il beneficio della rinegoziazione, però, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte dei conti e sulla base delle indicazioni espresse dalla Cassa depositi e prestiti (circolare n. 1283/2015), rappresentando il duplice effetto di diminuire la spesa corrente dell'anno e di determinare l'espansione della spesa per interessi negli anni successivi, non poteva limitarsi al confronto tra l'attualizzazione dei flussi dei pagamenti della vecchia e nuova passività originaria.
La prospettiva
In conformità ai principi di sana gestione finanziaria, l'ente avrebbe dovuto valutare anche i rischi che si stava assumendo con la nuova operazione di indebitamento e destinarne i proventi al finanziamento della spesa di investimento, nel rispetto dell'articolo 119 della Costituzione. Ciò in quanto il periodo di ammortamento dell'indebitamento non sarebbe più stato collegato al presumibile periodo nel quale gli investimenti correlati avrebbero potuto produrre la loro utilità (delibera Corte conti Piemonte n. 190/2014). Lacircolare n. 1283/2015 della Cdpe la nota congiunta Anci-Cdp Prot. n. 82/SG/VN/ml dell'11 maggio 2015, emanata a ridosso della nuova operazione di rinegoziazione, avallano questa tesi precisando come i soli risparmi sugli interessi risultino privi di vincoli di destinazione.
Il decreto
Nessuna norma, però, sino a oggi aveva espressamente codificato questa interpretazione, imponendo l'utilizzo dei benefici della rinegoziazione a favore della spesa in conto capitale. E se una norma di questo tipo in passato fosse esistita, forse molti enti non avrebbero aderito alle operazioni straordinarie, in quanto i loro benefici, espressi in termini di miglioramento del valore attuale del debito, non sarebbero stati sufficienti a stimolarne l'adesione. Ora però, a seguito dell'introduzione dell'articolo 7, comma 2, del Dl n. 78/2015, gli enti dovranno confrontarsi con una nuova disposizione che, consentendo l'impiego dei risparmi a favore della spesa corrente solo per l'anno 2015, di fatto ne conclama il divieto per gli esercizi successivi.
Pur non specificando se i benefici debbano riferirsi all'intera rata o solo alla minore quota capitale, si ritiene che la deroga prevista solo per quest'anno e il conseguente divieto per il futuro) vada riferita alle sole economie sulla quota capitale, mentre quelle relative agli interessi potranno sempre essere destinate a spesa corrente, in linea con l'orientamento consolidato.
Sarebbe auspicabile, ad ogni modo, che in fase di conversione in legge venisse chiaramente espressa questa posizione, ponendo fine a tutti i dubbi sull'argomento.
I calcoli
A questo punto si rendono necessarie quattro importanti valutazioni sull'utilizzo dei risparmi, espresse sulla base di un metodologico/interpretativo che possono essere riepilogate in una tabella suddivisa per le annualità coinvolte. Dal 2016, i risparmi sulle quote capitale frutto di rinegoziazione non potranno più essere qualificati come strumento utile a garantire risorse immediatamente spendibili in parte corrente, anche se gli enti si trovassero in condizioni di sofferenza finanziaria. Risulterà sempre più difficile contemperare due opposte esigenze: quella di garantire l'espletamento di servizi essenziali all'altezza di una società progredita e quella di rispettare gli stringenti vincoli di finanza pubblica diretti a limitare la spesa corrente a favore di quella di investimento, peraltro ancora afflitta dai ben noti limiti di Patto di stabilità. È la stessa Corte dei conti, sezione Autonomie a sottolineare con la propria delibera n. 29/2014 che alle autonomie locali è stato richiesto «uno sforzo di risanamento non proporzionato all'entità delle risorse gestibili dalle stesse a vantaggio degli altri comparti amministrativi». E allora chissà che il beneficio introdotto dall'articolo 7, comma 2, non possa essere prorogato, così come auspicato anche dall'Anci e Ifel.