Criterio di stima valori aree fabbricabili

Il mio ente, come tanti altri, determina periodicamente i valori venali di riferimento per le aree fabbricabili ai fini del calcolo IMU. Per l'ultimo aggiornamento abbiamo fatto una stima sulla base del "criterio di trasformazione", ovvero il presunto valore di vendita dei fabbricati costruiti meno i costi di costruzione, gli oneri urbanistici, gli oneri finanziari e l'utile del costruttore.
Questo metodo è ormai il più utilizzato anche dai periti privati, data l'esiguità delle compravendite di aree.
Preciso che non abbiamo utilizzato questo metodo per "fare cassa": i valori che abbiamo ottenuto sono vicini alla realtà, anzi in alcuni casi inferiori.
Sappiamo però che ci sono diverse sentenze del Tar e del Consiglio di Stato che hanno annullato regolamenti comunali che utilizzavano questo criterio.
Il mio quesito è: una volta che la mia delibera è definitiva e non è stata oggetto di impugnazione nei termini sono al riparo dal punto di vista di legittimità dell'atto? Credo che un eventuale ricorso in CTP possa mettere in discussione soltanto il valore del bene accertato, e non l'impianto complessivo della norma regolamentare... Sbaglio?
Questo metodo è ormai il più utilizzato anche dai periti privati, data l'esiguità delle compravendite di aree.
Preciso che non abbiamo utilizzato questo metodo per "fare cassa": i valori che abbiamo ottenuto sono vicini alla realtà, anzi in alcuni casi inferiori.
Sappiamo però che ci sono diverse sentenze del Tar e del Consiglio di Stato che hanno annullato regolamenti comunali che utilizzavano questo criterio.
Il mio quesito è: una volta che la mia delibera è definitiva e non è stata oggetto di impugnazione nei termini sono al riparo dal punto di vista di legittimità dell'atto? Credo che un eventuale ricorso in CTP possa mettere in discussione soltanto il valore del bene accertato, e non l'impianto complessivo della norma regolamentare... Sbaglio?