Premesso che la mancata indicazione della sede di servizio nel contratto individuale di lavoro non comporta nullità o annullabilità dello stesso, cosa che per ovvie ragioni non conviene neanche al dipendente.
Il rapporto di lavoro è un rapporto per sua natura "dinamico", che evolve e si modifica nel tempo col variare delle condizioni economiche, organizzative, tecnologiche ecc. Pertanto la possibilità di modificare unilateralmente alcune delle clausole contenute nel contratto rientra nel potere del datore di lavoro di specificare le modalità di adempimento dell’obbligazione lavorativa (modifica delle mansioni sede di servizio ecc.) ovviamente nel rispetto della Legge e dei CCNL. Nella P.A. inoltre devono essere rispettati anche i principi di imparzialità, economicità, efficienza, trasparenza ecc. ecc. ecc.
Nello specifico, il trasferimento dei lavoratori da una sede di lavoro ad un'altra è regolato dall’art. 2103 c.civ., che dispone che il trasferimento possa essere attuato solo in presenza di "comprovate ragioni tecniche organizzative o produttive".
Ciò vuol dire, per giurisprudenza costante, che un dipendente può essere trasferito solo a condizione che il datore di lavoro possa dimostrare:
- l'inutilità di tale dipendente nella sede di provenienza;
- la necessità della presenza di quel dipendente, con la sua particolare professionalità, nella sede di destinazione;
- la serietà delle ragioni che hanno fatto cadere la scelta proprio su quel dipendente e non su altri colleghi che svolgano analoghe mansioni.
Tutte queste ragioni debbono essere portate a conoscenza del dipendente per iscritto, prima del trasferimento. In mancanza delle condizioni sopra indicate, il trasferimento è illegittimo e può essere annullato dal giudice del lavoro.
vedi: MONICA NAPOLITANO "
Il luogo della prestazione lavorativa"
Annali della Facoltà Giuridica dell’Università di Camerino – n. 1/2012
La possibilità per il datore di trasferire il lavoratore rientra nel potere che a lui compete di specificare le modalità di adempimento dell’obbligazione lavorativa, indicando il luogo di lavoro diverso da quello inizialmente specificato nel contratto.
[...]
La disciplina del potere datoriale di trasferimento è stabilita dall’art. 2103, comma 1,
c.c., modificato dall’art. 13, Statuto dei lavoratori, il quale dispone che il lavoratore
«non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive».
[...]
il trasferimento, comportando dei disagi per il lavoratore, deve essere supportato da comprovate ragioni di carattere tecnico, organizzativo e produttivo. Il trasferimento
del lavoratore non deve pertanto essere disposto dal datore in modo arbitrario ma
occorre che sia supportato da causali oggettive ed il fatto che esse debbano essere comprovate indica che il legislatore ha posto a carico del datore di lavoro l’onere della prova in giudizio di tali ragioni.