da gsalurso » 17/01/2017, 18:19
non è chiaro cosa intendi quando dici:
"Molti soggetti delegano dei preposti ad apporre materialmente la firma a suo nome."
se, come credo di aver capito, i "soggetti che delegano" non fanno altro che consegnare la chiavetta e il codice pin della firma digitale ad un altro soggetto che poi appone materialmente la firma digitale al posto del primo, le responsabilità sono le stesse di quando questi appone la firma "autografa" del responsabile in calce ad un documento cartaceo. Anche questa purtroppo è una prassi ormai "consolidata".
E' irrilevante, inoltre, che la firma sia apposta col consenso dell'interessato.
Cassazione penale, sez. V, sent 27/08/2013, 35543 e 10/3/2009, 16328
sul piano oggettivo, ai fini della sussistenza del reato di falso in scrittura privata (art. 485 c.p.), il consenso o l'acquiescenza della persona di cui sia falsificata la firma, non svolge alcun rilievo, in quanto la tutela penale ha per oggetto non solo l'interesse della persona offesa, apparente firmataria del documento, ma anche la fede pubblica, la quale è compromessa nel momento in cui l'agente faccia uso della scrittura contraffatta per procurare a sé un vantaggio o per arrecare ad altri un danno; pertanto anche l'erroneo convincimento sull'effetto scriminante del consenso costituisce una inescusabile ignoranza della legge penale.
Sul piano soggettivo, nel delitto in questione, per l'integrazione del dolo specifico non occorre il perseguimento di finalità illecite, poiché l'oggetto di esso è costituito dal fine di trarre un vantaggio di qualsiasi natura, legittimo od illegittimo.
Cass.Pen. Sez.V, Sent. 5/7/1990
posto che il verbale di ricezione di dichiarazione di appello da parte del cancelliere costituisce un atto pubblico facente fede fino a querela di falso, sussiste il reato di falso in atto pubblico anche qualora tale verbale sia stato redatto e sottoscritto da un coadiutore giudiziario col consenso del cancelliere, ...
Cass. Pen., sez. V, 12/7/2011, 32856 e Cass. Pen., sez. V, 12/5/2011, 24917
In tema di falsità ideologica in atto pubblico (art. 483 c.p.), ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, e cioè la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione, mentre non è richiesto l'animus nocendi nè l'animus decipiendi, con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno
Codice penale
Art. 476. Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.
Art. 491-bis. Documenti informatici
Se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici.
Art. 493. Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico.
Le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse da pubblici ufficiali si applicano altresì agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio, relativamente agli atti che essi redigono nell'esercizio delle loro attribuzioni.
Legge di Good:
"Se hai un problema che deve essere risolto da una burocrazia, ti conviene cambiare problema." 